24 febbraio 2008

Salvador - 26 anni contro, film di Manuel Huerga

Sesto film del Cineforum Grottaglie 2008

Film duro e violento, nel primo tempo, come duro e violento era il regime franchista nella Spagna del 1973; film di dolorosa attesa, nel secondo tempo, nella speranza di una grazia, che non arriverà, che potesse salvare una vita umana dalla pena di morte.
Film che fa indignare e commuovere.
Storia vera dell’ultima condanna a morte, avvenuta nel 1974, ad opera del dittatore Francisco Franco.
Robusto film contro la pena di morte.

Trama
Spagna, primi anni Settanta. Salvador Puig Antich è uno dei giovani militanti del Movimento Ibèrico de Liberaciòn, un gruppo di estrema sinistra che “espropria” ai ricchi per dare ai lavoratori. Le numerose rapine in banca, messe a segno in Catalogna per finanziare l'attività militare del movimento e le relative pubblicazioni, allarmano la Polizia del “generalissimo” Francisco Franco. Nel settembre del '73 gli agenti della Brigata Socio-Politica catturano due dei componenti del MIL, ma durante il conflitto a fuoco Salvador viene ferito e un ispettore di polizia ucciso. Arrestato e accusato della morte del poliziotto il ragazzo viene condannato alla pena capitale. La sua famiglia, la Spagna e il mondo intero attendono con lui un atto di clemenza. Il governo franchista gli negherà la grazia e la pietà. Ci sono film che vanno accolti col cuore. Ci sono film capaci di assumersi il peso della tragedia facendo interagire la Storia, quella oscura della Spagna franchista, col desiderio dell'utopia, quella nobile di Salvador, manifestazione di una precisa e appassionata volontà politica. Salvador 26 anni contro è questo film. Trentadue anni dopo Manuel Huerga riapre idealmente e di fatto il caso Puig Antich, celebrando un evento tragico e invitando a una domanda: cosa è stata la Spagna del generale Franco? L'utilità di dare una risposta e di riaprire la questione deriva dalla consapevolezza che quella dittatura è stata molte cose, ciascuna gravida di significato. È stata soprattutto la morte di un ragazzo di ventisei anni, l'ultimo atto esemplare e crudele del regime franchista che di lì a poco sarebbe miseramente crollato con la morte del suo dittatore e l'instaurazione della democrazia da parte del giovane re Juan Carlos. Capro espiatorio per la morte dell'Ammiraglio Carrero Blanco, capo del governo franchista ucciso dall'ETA, Salvador è il macabro tributo preteso dal regime. Il film di Huerga si sviluppa in un lungo flashback usato con rigore: un andirivieni secco tra la biografia passata del ragazzo (l'iniziazione e la militanza nel MIL) e quella presente, che rilegge e fa i conti con la sua giovane vita. Intorno all'attesa di Salvador il regista muove il suo paese, i suoi ideali e la loro potenzialità dirompente. Il passato non è più una terra straniera ma un disegno che serve a chiarire noi stessi e non permette di dimenticare l'ultima esecuzione con la garrota del regime franchista. L'efficacia secca della rappresentazione della morte non cede mai al languore del sentimento ma non manca di commuovere. Si piange nel film di Huerga, di rabbia e davanti all'impotenza di evitare l'inevitabile. Ma è un pianto che non annulla mai la coscienza, rimettendoci di fronte alla nostra voglia di responsabilità e di una giustizia davvero democratica.
Trama tratta da http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=44288

Scheda tecnica
Titolo originale: Salvador
Regia: Manuel Huerga
Sceneggiatura: Lluís Alcarazo, Francesc Escribano
Fotografia: David Omedes
Montaggio: Aixalá, Santi Borricón
Musiche: Lluís Lach
Interpreti: Daniel Brühl, Tristán Ulloa, Leonor Watling, Leonardo Sbaraglia, Celso Bugallo, Joel Joan, William Miller, Juan Carlos Vellido
Produzione: MediaPro, Future Films
Distribuzione: Istituto Luce
Nazione: GB, Spagna
Anno: 2006
Durata: 138 min.
Caratteristiche tecniche: 35mm – Colore

Sito italiano: http://www.salvador-26annicontro.it/

23 febbraio 2008

Berlusconi non verrà candidato

Sandro Bondi, il coordinatore nazionale di Forza Italia, ha imparato molto bene la lezione dal suo capo Berlusconi. Le parole non contano niente. La verità non esiste. Si può dire tutto ed il contrario di tutto. Oggi si afferma una cosa che domani verrà smentita totalmente. Non ha alcuna importanza che l’una e l’altra cosa siano state inoppugnabilmente documentate e rese pubbliche dai mezzi di comunicazione.
In una lettera ai coordinatori regionali del partito, Bondi chiede di escludere dalle liste tutti coloro che risultino coinvolti in procedimenti penali, salvo però quelli che lo siano per motivi politici. Scrive Bondi: «Eventuali procedimenti penali che riguardano nostri parlamentari o eventuali candidati, esclusi naturalmente quelli che, come sappiamo, hanno un origine di carattere politico costituiscono un motivo sufficiente di esclusione dalle liste, soprattutto per un partito come il nostro che ha sempre potuto vantare un'assoluta onestà da parte di tutti i suoi rappresentanti». [E qui ci azzecca spontanea una sonora pernacchia].
Quella che annuncia Bondi è una mannaia che cadrebbe ben prima della semplice condanna. Il primo ad esserne colpito sarebbe il capo dei capi, Silvio Berlusconi. Non potrebbe e non dovrebbe essere candidato. Infatti Berlusconi ha ottenuto una amnistia, sette prescrizioni, reati depenalizzati da sé medesimo, ed ha in corso il processo Mills - diritti Mediaset.
Ed immediatamente il povero Bondi, che aveva scritto quella lettera sotto ipnosi comunista, è costretto a precisare che il contenuto della lettera è provvisorio e che sarebbe stato oggetto di confronto con Fini in una successiva riunione. Plateale marcia indietro, frutto di una pesante bacchettata di Berlusconi.
E se non lo si fosse capito bene, il vice coordinatore di Forza Italia Fabrizio Cicchetto precisa: «La nostra valutazione è che si è colpevoli solo dopo il pronunciamento di tre livelli di giudizio, e solo una visione giustizialista può considerare incompatibile chi è indagato o anche chi non ha completato tutto l'iter processuale».
Ne possiamo stare tranquilli, il futuro Parlamento italiano vedrà ancora presenti tra le sue fila non pochi delinquenti patentati.
Anzi il programma di Forza Italia, ancora non sciolta, prevede la riscrittura dell’articolo 68 della Costituzione, per reintrodurre l’immunità parlamentare, cancellata nel 1993.

Gli impresentabili

19 febbraio 2008

Ricordi briganteschi, di Giuseppe Olivieri

Giuseppe Olivieri scrisse questa “storia che pare romanzo” nel 1897, trentatre anni dopo il suo sequestro ad opera di Luigi Cerino, capo di una delle sottobande che facevano riferimento al capobrigante «capitano» Antonino Maratea, detto Giardullo.
Anche questo libro, come quelli scritti da altri che furono sequestrati nello stesso periodo e nella stessa zona, è una testimonianza storico-antropologica sul brigantaggio post-unitario nel sud d’Italia.
La storia inizia verso le quattro pomeridiane dell’11 gennaio 1864, sulla strada carrozzabile che taglia il bosco, nei pressi di Montecorvino Pugliano, paese natio dell’allora ventiquattrenne Giuseppe Olivieri, studente universitario in Napoli. Insieme all’Olivieri fu sequestrato il medico Luigi Calabritto, che poi subì ad opera dei briganti il taglio dell’orecchio destro ed uno sfregio sul volto, come opera di persuasione nei confronti dei parenti per il pagamento del riscatto.
Il sequestro dell’Olivieri durò trentasette giorni. Fu rilasciato all’alba del 17 febbraio 1864 sulla strada per Pontecagnano.
Era stato tenuto nascosto, per la maggior parte del tempo, in una grotta sopra Campagna, dall’entrata della quale si scorgeva una striscia di mare fra Agropoli e Castellabate. Il paese era molto vicino. «Fuoco non se ne poteva accendere, né una boccata d’aria pigliarla all’aperto, poiché giungeva fin là il suono indistinto delle voci cittadine».
Olivieri ebbe modo di conoscere parecchi briganti; ma tre di essi gli fecero più impressione. Gaetano Manzo, «poco più in là dalla ventina, giovane dalle mosse sgherre, l’occhio cervino, biondo ne’ capelli, lunghetto nel naso un po’ schiacciato, piuttosto alto della persona signorilmente vestita, né di volgare aspetto».
Antonino Maratea di Campagna, il Giardullo, «pur fresco negli anni, un omiciattolo dagli occhi felini, barbettina biondiccia, e le dita inanellate e luccicanti a guisa di donna da contado, e cert’aria da me l’imbuschero [non mi curo] e da capitan da strapazzo».
Antonio di Nardo, di Montella, «un diavolone color carbone, dal guardo scuro e bieco, e il cappello sulle ventitré e tre quarti».
Ma così come accade in Friedli, Lichtensteiger e Moens, tre sequestrati degli stessi anni e negli stessi luoghi che avevano scritto pure loro la cronaca della loro prigionia, anche Olivieri riserva uno sguardo speciale a Manzo, anche perché «della masnada soltanto il Manzo, incespicando, sapeva un po’ stentatamente leggicchiare», anzi aveva chiesto all’Olivieri «il favore di scrivergli le bozze di due o tre lettere per la sua Carolina», la fidanzata.
Data anche la stagione, molto duri furono i giorni del sequestro. «Era vita da cani, non da cristiani. …A volte penuriava il pane e l’acqua. …Le nostre gambe erano intorpidite e gonfie dal freddo, dallo scarso nutrimento, dall’ozio forzato. …Poi cominciò a nevicare, a fiocchi larghi e serrati: e mi sentivo tutto infreddolire e tremar la persona. …Ero scalzo: il mantello era l’unico riparo dal freddo». Anche se «io tra la neve, il vento, e i disagi e tormenti non avevo sofferto né una febbre, né preso un raffreddore».
L’Olivieri non dice quale fu la somma pagata per il suo riscatto, accenna solo vagamente «ai quattrini, che mi spillarono quell’Arpie di esecrata memoria».
Giuseppe Olivieri (1839-1919) divenne poi prete, «prete liberale», insegnò presso la Scuola Tecnica di Salerno, fu in contatto con noti linguisti e letterati del tempo, quali Pietro Fanfani, Vito Fornari, Prospero Viani, Francesco Zambrini.
Sebastiano Martelli, che ha curato questa edizione dei Ricordi Briganteschi per Avagliano Editore, nella introduzione mette in rilievo il particolare tipo di scrittura dell’Olivieri, che veleggia «nei territori di un’accentuata letterarietà, dichiarata e perseguita in diverse forme». Il racconto del sequestro è proposto in una lingua di originale impasto iperletterario.
Un’ultima annotazione. L’Olivieri non nutre nessunissima stima per i briganti. Non può esistere «l’alta ragion politica e sociale» del brigantaggio. «Che ragione e politica andate voi strologando in una mano di butteri, di beceri, di caprai, di carbonai, di gente insomma cui fa notte innanzi sera?». Nell’Olivieri non vi è traccia di quella che Carlo Levi definì la «cupa, disperata, nera epopea» del mondo contadino.
Rocco Biondi

Giuseppe Olivieri, Ricordi briganteschi – Storia che pare romanzo, a cura di Sebastiano Martelli, Avagliano Editore, Cava dei Tirreni 1994, pp. 118, € 7,23

17 febbraio 2008

Rosso come il cielo, film di Cristiano Bortone

Quinto film del Cineforum Grottaglie 2008

Questo film, come tutti i film non commerciali, ha dovuto faticare prima di poter essere proiettato nelle normali sale cinematografiche. E’ uscito all’inizio del 2007, tre anni dopo la fine della sua produzione.
Si narra del passaggio dei bambini portatori di handicap dai ghetti degli istituti speciali, in Italia aboliti nel 1975, alle scuole normali.
Film di poesia, che tenta di trasferire sullo schermo la raffinata capacità uditiva dei ciechi. Riuscendoci. Protagonisti principali del film sono i rumori e i suoni della natura.
Il bambino protagonista, diventato cieco all’età di otto anni in seguito ad un incidente, sviluppa le sue innate capacità uditive, coinvolgendo in questa scoperta gli altri bambini del collegio.
Lo spettacolo di fine anno scolastico, al quale i genitori assistono con gli occhi bendati, testimonia la grande capacità creativa dei bambini ciechi, che riescono a dare libero sfogo alla loro fantasia ed ai loro sogni.
Film che dovrebbe essere visto nelle scuole. Ha qualcosa da insegnare sia agli alunni che ai professori.

Trama
(da http://www.superando.it/content/view/1565/112/)
È l’estate del 1970. Un bambino di nome Mirco, interpretato da Luca Capriotti, gioca con gli amici sulle colline toscane, si fa portare al cinema dal padre e si incuriosisce, per gioco, di un fucile appeso.
Luca Capriotti L’incidente che lo rende cieco accade proprio a causa di quest'arma, dalla quale parte accidentalmente un colpo.
Dopo le cure, Mirco non potrà più tornare in classe con i propri compagni e dalla Toscana dovrà spostarsi fino in Liguria, dove verrà ammesso alla rigida educazione di un istituto speciale per non vedenti.
Il film di Bortone racconta questa esperienza, dal punto di vista del bambino, con il regista che si sofferma sulla descrizione del collegio, presentando un direttore non vedente (interpretato da Norman Mozzato), castigato e repressivo, che crede che una persona cieca non sia come gli altri e per questo sia costretta a ritagliarsi un percorso di vita ai margini, diventando al massimo tessitore o centralinista.
«Il problema non è più quello che a Mirco piace fare, ma quello che può fare», spiega il direttore agli sconcertati genitori del bambino. «La libertà è un lusso che noi ciechi non possiamo permetterci», afferma in un altro passaggio del film.
L’Istituto Chiassone, religioso, trasmette meccanicamente i valori cattolici attraverso versetti mandati a memoria. I bambini imparano il braille e un mestiere, ma sono invitati a non esprimere i propri sentimenti e a non contattare la propria creatività.
Rosso come il cielo racconta la disabilità sottolineandone le potenzialità. Qui il vero cieco è il sistema educativo mortificante che «toglie ai bambini i loro sogni», come dice don Giulio, che nel finale proclama a gran voce che «la fantasia e il diritto alla normalità» sono cose cui nessuno dovrebbe rinunciare.
Il film di Bortone si ispira alle vicende realmente accadute a Mirco Mencacci, di cui racconta alcuni passaggi fondamentali dell'infanzia e in particolare di quando, nel 1970, all'età di otto anni, Mirco ebbe un incidente che lo privò della vista e lo costrinse alla frequentazione di una scuola speciale per ciechi, dove scoprì la passione e il talento per la musica e la realizzazione di suoni.
Mencacci è ora uno dei maggiori montatori del suono del cinema italiano contemporaneo; ha lavorato con Ferzan Ozpetek (Le fate ignoranti, La finestra di fronte), Marco Tullio Giordana (La meglio gioventù) ed è stato supervisore del montaggio sonoro del recente e fortunato "caso" italiano La notte prima degli esami di Fausto Brizzi.
Nato a Pontedera (in provincia di Pisa) nel 1961, oltre a lavorare per il cinema, è musicista e produttore musicale, promotore della Fondazione In Suono, della Rete Interculturale delle Colline Pisane e del Museo Dinamico del Suono.
(a cura di Barbara Pianca)

regia: Cristiano Bortone
cast: Paolo Sassanelli, Luca Capriotti, Marco Cocci, Simone Colombari, Rosanna Gentile, Francesca Maturanza
sceneggiatura: Cristiano Bortone, Monica Zapelli, Paolo Sassanelli
fotografia: Vladan Radovic
montaggio: Carla Simoncelli
scenografia: Davide Bassan
costumi: Monica Simeone
musica: Ezio Bosso
produttore: Cristiano Bortone, Daniele Mazzocca
produzione: Orisa Produzioni, con il contributo del MiBAC
distributore: LADY FILM - EUROPEAN ACADEMY
vendite estere: ADRIANA CHIESA ENTERPRISES
paese: Italia
anno: 2005
durata: 95'
formato: 35mm – colore
aspect ratio: 1:1.85
sonoro: Dolby SR
uscito in sala: 09/03/2007

Premi e festival:
- PALM SPRINGS INTERNATIONAL FILM FESTIVAL 2008: In Concorso
- DAVID DI DONATELLO 2007: David Giovani
- DURBAN INTERNATIONAL FILM FESTIVAL 2007: Premio del Pubblico come Miglior Film
- FESTIVAL DEL CINEMA ITALIANO DI TOKYO 2007
- INTERNATIONAL FILM FESTIVAL OF INDIA 2007
- MITTELCINEMAFEST - FESTIVAL CENTRO-EUROPEO DEL CINEMA ITALIANO 2007
- RAINDANCE FILM FESTIVAL 2007: Cineworld
- TAIPEI FILM FESTIVAL 2007: Panorama / World Vision: Next Generation
- TALLINN BLACK NIGHTS FILM FESTIVAL 2007: Just Film Children's Films
- CAPE TOWN WORLD CINEMA FESTIVAL 2006: Contra Maquina
- CINEMA - FESTA INTERNAZIONALE DI ROMA 2006: Alice nella Città: Fuori Concorso
- SÃO PAULO INTERNATIONAL FILM FESTIVAL 2006: Premio del Pubblico come Migliore
Film Straniero
- SIVIGLIA FILM FESTIVAL 2006: Focus Italy
- Cinekid Festival, Amsterdam 2006: Menzione Speciale della Giuria
- Ale Kino Film Festival 2007: Premio della Giuria Internazionale, Premio della Giuria Giovani
- Flanders Youth Film Festival 2007: Miglior Film, Premio del Pubblico
- Film Frame Intl Film Festival 2007: Premio del Pubblico e Premio della Giuria Giovane come
Miglior Film
- 5th Kinderfilmfest Hamburg 2007: Miglior Film per Bambini
- Schlingel Children Film Festival 2007: Miglior Film, Premio del Pubblico Giovane, Miglior
Attore.

Sito Web: http://www.rossocomeilcielo.it/

Trailer

16 febbraio 2008

Berlusconi fai schifo

Da lungo tempo ormai non scrivevo più di politica italiana in questo mio diario. Ma di quello che ha detto ieri Berlusconi contro Enzo Biagi nella trasmissione TV7 voglio che resti traccia. Voglio che resti traccia della mia indignazione.
Altre due volte, in questo blog, avevo apostrofato Berlusconi con un bel: «Fai schifo»; se volete potete andare a rileggervi i post Berlusconi: cafone arricchito e Arroganza e strafottenza di Berlusconi.
Sentite cosa ha detto ieri Berlusconi: «Mi sono battuto perchè Enzo Biagi non lasciasse la televisione, ma alla fine prevalse in Biagi il desiderio di poter essere liquidato con un compenso molto elevato. Io non ho detto "cacciate Biagi e Santoro", ma mi sono sempre scagliato contro l’uso improprio della tv».
Sentite ora cosa hanno risposto Bice e Paola, le figlie di Enzo Biagi: «Siamo letteralmente indignate. Quello che ha detto Berlusconi è una ignominia, una falsità contraddetta da carte che possono documentare tutto. La moralità di nostro padre non si può discutere, è documentata. E' stato un partigiano che ha avuto la schiena dritta dal '45, e non solo con il signor Berlusconi, e per questo ha pagato. Berlusconi deve farla finita, deve stare zitto e non strumentalizzare un morto che non può rispondere per la sua campagna elettorale. Berlusconi deve smetterla di dire falsità. Piuttosto dovrebbe istruirsi un po' e leggere per esempio Le mie prigioni così da capire che ad attaccare un morto si fa un danno soprattutto a se stessi».
Io non aggiungo nulla a commento, se non un altro sonoro: «Berlusconi, fai schifo».

10 febbraio 2008

Il mio migliore amico, film di Patrice Leconte

Quarto film del Cineforum Grottaglie 2008

Commedia agrodolce. Se non si hanno amici al nostro funerale non ci sarà nessuno. Ed allora forse conviene cercare di farselo qualche amico. Non pensiamo solo a noi stessi, non ci lasciamo sopraffare dagli impegni lavoratori e professionali quasi sempre aridi, interessiamoci un po’ degli altri. Diamo qualcosa agli altri disinteressatamente, ne avremo certamente qualcosa in cambio inaspettatamente. Ecco una frase del film: "L'amicizia vera non ha prezzo. Se i regali alimentano l'amicizia, in nessun caso possono comprarla. L'amore si vende, qualche volta, l'amicizia mai".

Trama
François (Daniel Auteuil) è un antiquario di successo. Durante una cena per il suo compleanno, la sua socia gli fa notare... che non ha un amico! Un'agenda piena di incontri, appuntamenti e relazioni non basta a dimostrare di avere degli amici.La sfida è lanciata: François avrà dieci giorni per presentare il suo migliore amico!Nel taxi di Bruno (Dany Boon): inizia a setacciare Parigi alla ricerca di ex compagni di scuola, conoscenti, possibili amici, senza rendersi conto che, forse, proprio quel conducente di taxi potrebbe risolvere il suo problema...

Recensione
"Un amico... niente di più comune..." o forse no!Troppo spesso la semplice conoscenza viene scambiata per amicizia, i contatti di lavoro confusi con i rapporti personali. Ma chi possiamo ritenere un vero amico e chi un semplice conoscente?Per tutti ci sarebbe un solo modo certo per scoprirlo, partecipare al proprio funerale.Quante persone verseranno stille sincere, quale amico riempirà un anfora di lacrime per la terribile perdita?Proprio con un funerale si apre "Il mio migliore amico"; una scena perfetta per struttura, ritmo e dialoghi, nella quale con pochi tratti si delinea in maniera completa la personalità del protagonista, François. Un antiquario di successo che antepone il suo lavoro a tutto e tutti.Inconsapevolmente è solo, la sua condizione gli è ignota, fino alla sera in cui, durante una cena, la sua socia glielo fa notare: "Al tuo funerale non ci sarà nessuno". Per François questa rivelazione è come un fulmine a ciel sereno: "Ma se non sono libero per pranzo prima di tre settimane!".Da qui parte la scommessa, motore del film, trovare il miglior amico entro dieci giorni.E' esilarante, il modo in cui François stila una lista di possibili amici, le sue ingenue richieste per capire come possa nascere un'amicizia, l'apprendistato per diventare simpatico al prossimo. Tutta la prima parte è realmente comica, senza mai essere superficiale, i dialoghi sono brillanti e definiscono perfettamente le diverse personalità dei due protagonisti.Sì perché come in tutti i film di Leconte i protagonisti sono una coppia, a fare da contraltare a François c'è Bruno, dolce e ingenuo tassista che accompagna ed educa l'antiquario nella sua strampalata ricerca di amici. E' fin troppo scontato che i due diventeranno realmente amici ma a questo punto si arriva in modo mai banale, analizzando in modo divertente un problema reale e grave.La costruzione di quest'amicizia si basa su una sceneggiatura di ferro, dove il regista si rende quasi invisibile per dare tutto il risalto possibile ai due protagonisti e alla loro evoluzione.Daniel Auteuil è un perfetto François, in lui non c'è un gesto o uno sguardo fuori posto, anche Dany Boon è molto bravo nella parte di Bruno.
Elisa Giulidori in http://filmup.leonardo.it/ilmiomiglioreamico.htm

Crediti
Regia: Patrice Leconte
Titolo originale: Mon meilleur ami
Fotografia: Jean-Marie Dreujou
Montaggio: Joëlle Hache
Anno: 2006
Nazione: Francia
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 95'
Data uscita in Italia: 06 dicembre 2006
Genere: commedia

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3 febbraio 2008

Una notte al museo, film di Shawn Levy

Terzo film del Cineforum Grottaglie 2008

Una favola moderna dove si narra d’un padre che in un museo fa rivivere, di notte, animali e uomini di tutte le epoche per conquistarsi la stima del figlio. I genitori devono faticare per suscitare l’interesse dei figli; gli adulti dei giovani.
Grandi effetti spettacolari: il più divertente fra tutti lo scheletro del dinosauro che corre ed insegue il neo guardiano notturno.
Recitazione da parte degli attori, volutamente, un po’ sopra le righe.
Dopo Ben Stiller quella che a me è più piaciuta è stata Carla Gugino, l’avvenente guida nel museo.Un film da vedere per distrarsi un po’ dalla triste e piatta vita quotidiana.

Trama
Larry Daley è disoccupato e divorziato e rischia di perdere la custodia congiunta del figlio se non troverà un lavoro. Accetta quindi di fare il guardiano notturno al New York Museum of Natural History. Quello che non sa, ma che ben presto scoprirà, è che nel museo di notte animali e statue si animano creando un grande caos. Campione d’incasso come film natalizio negli States giunge da noi con quel tanto di ritardo che può rischiare di togliergli quegli spettatori a cui per Natale sono stati offerti draghi inadeguati e animazioni non entusiasmanti. Ci riferiamo a quel pubblico familiare che non si è ancora piegato all’ineluttabilità del cinema di Parenti e affini e cerca un’occasione di svago valida per grandi e piccoli. E’ quella che offre il film di Shawn Levy il quale non lesina effetti speciali, li inserisce in una vicenda ormai un po’ abusata che vede un padre (un Ben Stiller ipercinetico) bisognoso di ricostruire la propria immagine positiva ad uso di un figlio, ma poi sa come divertire. Perché si prendono prestiti un po’ ovunque in Una notte al museo (da “I viaggi di Gulliver” a Jumanji) ma lo si fa con gusto e ironia. Non è necessario conoscere la storia americana per apprezzare la bonomia del presidente Roosevelt (Teddy, non Franklin D.) interpretato da un Robin Williams sotto controllo o per intenerirsi dinanzi alla graziosa guida indiana Sacajawea. Anche perché ci pensano i due minuscoli rivali/amici, il cowboy Jedediah e l’imperatore romano Ottavio a mescolare epoche e stili di vita mentre Attila e i suoi si scatenano e gli uomini preistorici si aggirano per i corridoi. Ma soprattutto non perdetevi la divertente rilettura del T-Rex (qui solo scheletro) di spielberghiana memoria. Da sola vale il prezzo del biglietto. Per gli appassionati di cinema c’è poi il piacere di ritrovare vecchie glorie come Dick Van Dyke, Mickey Rooney e Bill Cobbs. Come? Sono ancora vivi?! si chiederà più d’uno. Certo e anche ‘cattivi’ al punto giusto.
Da http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=44569

Regia: Shawn Levy
Sceneggiatura: Thomas Lennon, Ben Garant
Paese: USA
Anno: 2006
Durata: 108'
Titolo originale: Night at the Museum

Interpreti e personaggi
Ben Stiller: Larry Daley
Carla Gugino: Rebecca
Dick Van Dyke: Cecil Fredericks
Mickey Rooney: Gus
Bill Cobbs: Reginald
Robin Williams: Teddy Roosevelt
Jake Cherry: Nick Daley
Ricky Gervais: Dottor McPhee
Rami Malek: Faraone Ahkmenrah
Pierfrancesco Favino: Cristoforo Colombo
Patrick Gallagher: Attila l'Unno
Owen Wilson: Jededia
Steve Coogan: Ottavio
Erica Daley: Kim Raver
Paul Rudd: Don

Fotografia: Guillermo Navarro
Montaggio: Don Zimmerman
Effetti speciali: Jim Rygiel Atkinson, Bruce Woloshyn , Dan Deleeuw, Kevin Baillie
Musiche: Alan Silvestri
Scenografia: Claude Paré
Costumi: Renée April

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