21 giugno 2008

Le marionette di Berlusconi

Si era facilissimi profeti quando si diceva di Berlusconi che il lupo perde il pelo ma non il vizio. Ma forse non può perdere nemmeno il pelo; vi ricordate delle bandane per coprire i trapianti alla testa?
E’ rientrato sulla scena europea insultando in blocco parlamento e parlamentari europei. «All’Europa serve un drizzone», ha sentenziato. E i commissari europei «parlano troppo», mettendo in difficoltà i capi di governo; dove per capi di governo è da intendersi Berlusconi, che si è autodesignato il capo dei capi.
Chissà quanto aveva studiato per inventare il neologismo «drizzone»; ma forse a lui gli escono spontanei i neologismi. Filippo Ceccarelli ne ha collezionati alcuni. «Abbiamo cantierato» con «programmi ben tempificati», diceva Berlusconi, ma la «modernazione» non ebbe poi tutta questa «convincenza». A me drizzone fa venire in mente tante altre parole a rima, che ci azzeccano bene con il Berlusca. Ne prendo in prestito alcune che Berlusconi stesso ha rivolto agli italiani che non la pensano come lui. Eccole: coglione, cazzone, buffone, sbruffone, imbroglione, cafone, padrone.
Ma torniamo all’Europa. Gli irlandesi non approvano il Trattato di Lisbona? Berlusconi propone di approvarlo comunque. L’Italia lo farà subito. Ma il suo alleato leghista Calderoli replica: «Il Trattato di Lisbona non esiste più». Telefonata del signore al vassallo Bossi, che subito corregge: «Il Trattato è ancora vivo. Penso che l’approveremo».
Io mi indigno a sentire le dichiarazioni a marionetta di tutti i parlamentari salariati di Berlusconi, che senza vergogna alcuna ripetono pappagallescamente i diktat del grande capo. Anche se sono delle emerite stronzate o ancora peggio. Berlusconi ripete il solito ritornello che i giudici sono dei sovversivi, in quanto osano indagare su di lui. E giù tutti i vassalli a gridare che i giudici bisogna cacciarli nelle fogne. E per essere più credibili nei suoi insulti ai magistrati, Berlusconi giura la sua innocenza sulla testa dei suoi cinque figli, avuti da due mogli (alla faccia del teatrale baciamani al Papa).
Berlusconi pontifica che Veltroni è un fallito, in quanto ha osato dichiarare che è finito il tempo del dialogo. E tutti i giannizzeri berlusconiani a gridare che bisogna annientare Veltroni. Il povero ex sindaco di Roma finalmente si incazza un po’ e proclama che in autunno scenderà in piazza contro il governo e contro Berlusconi (finalmente l’ha nominato). Fabio Mussi (ma dov’era finito?) sarcasticamente ne prende atto: «Il Pd ha scoperto chi è Berlusconi. Sono contento per una tale prova di intelligenza». Di Pietro chiosa che per andare in piazza non bisogna aspettare l’autunno, perché «allora i buoi saranno già scappati dalla stalla». Parimenti Paolo Flores D’Arcais, direttore di Micromega ed animatore dei girotondi, e Sandra Bonsanti, di Libertà e Giustizia, vorrebbero che in piazza opposizioni e società civile ci debbano scendere al più presto. Ed io che sostengo che le piazze dovrebbero essere presidiate permanentemente chiedo a Mussi, Di Pietro, D’Arcais e Bonsanti di non aspettare Veltroni, in piazza ci possono scendere subito loro con quanti altri riescono a mobilitare.
Ed in tanta melma da una parte e scaricabarile dall’altra io mi consolo con le nobili parole del cardinale Dionigi Tettamanzi, che avrei voluto Papa al posto di Ratzinger. Militarizzare le città serve solo ad aumentare il senso di smarrimento e la paura. Perché la paura non passa per decreto legge. E’ la solitudine la malattia del nostro tempo. Sono soli tanti anziani. Soli troppi giovani. Soli molti adulti, anche con posizioni sociali prestigiose. La solitudine causa ulteriore sfiducia verso l’altro e genera la paura dell’incontro. Solidarietà, rispetto delle leggi e accoglienza devono coniugarsi. Carità e legalità non sono mai in contrapposizione: gli immigrati, prima di essere tali, sono persone. Tettamanzi vorrebbe che Milano diventasse sempre più la città dell’incontro (non come lo intende Veltroni ovviamente). Incontro tra religioni e culture differenti, tra collocazioni sociali diverse, tra chi è cittadino a tutti gli effetti e chi lo vorrebbe diventare, tra età della vita distanti, tra chi ha un lavoro e chi l’ha perso o non l’ha mai avuto, tra chi è sano e chi è malato. Ed io dico che questo tipo di incontro sarebbe auspicabile non solo a Milano, ma in tutte le città, paesi e paesini d’Italia.
Il vero sovversivo è Tettamanzi e non i giudici. Bisognerebbe suggerirlo a Berlusconi. Ma forse Tettamanzi e quelli della Chiesa (forse pochi) che la pensano come lui parlano al vento. E quindi non fanno paura.

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