24 febbraio 2010

Marisa Ingrosso ai Sabati Briganteschi

Sabato 27 febbraio 2010 - ore 18,00
Sala Consiliare Comune di Villa Castelli (Brindisi) - Piazza Municipio

Marisa Ingrosso e - in videoconferenza - Vittorio Macioce e Raphael Zanotti affrontano il tema “MEDIA - Il ritorno dei Briganti"

Come 150 anni fa, quando le loro gesta erano raccontate su pubblicazioni come il "Corriere di Napoli" e "Civiltà Cattolica", i Briganti oggi sono tornati protagonisti delle pagine d'attualità. Si moltiplicano le analisi critiche, ma anche gli "scoop storici", ed articoli e servizi televisivi, sempre più spesso, abbandonano la loro nicchia tradizionale, ovvero la Sezione Cultura di giornali e Tg, per migrare negli spazi dedicati alla Cronaca e al dibattito politico. Inoltre, complici le nuove "piazze virtuali" nate sul Web, anche i giovanissimi iniziano a subire il fascino del Brigantaggio risorgimentale.
Ma "chi" erano i Briganti? E "chi" sono oggi i Briganti cui guardano il Nord e il Sud Italia? Come vengono presentati e raccontati dalle grandi Testate italiane? Quali i punti di solida condivisione? Quali le inconciliabili divergenze?
Sabato prossimo, 27 febbraio, nell'ambito de "I Sabati Briganteschi" tre giornalisti di altrettante grandi Testate italiane faranno il "punto" di questo "Ritorno dei Briganti" sui mezzi di comunicazione di massa. All'incontro (alle ore 18, presso la Sala consiliare comunale di Villa Castelli (Brindisi), prenderanno parte Marisa Ingrosso de "La Gazzetta del Mezzogiorno" e - in videoconferenza - Vittorio Macioce (vicedirettore de "Il Giornale") e Raphael Zanotti de "La Stampa".
Marisa Ingrosso, dalle colonne del quotidiano più influente di Puglia e Basilicata, nonché dal sito web del giornale, ha dedicato decine di approfondimenti a questo tema. Ha spulciato i libri di testo usati nelle scuole del Mezzogiorno per scoprire le mezze verità e le clamorose falsità su cui si sono formate le nuove generazioni; ha recuperato preziosi documenti dagli Archivi del Ministero degli Esteri; ha denunciato la presenza di dozzine di scheletri di Briganti senza nome nelle viscere del Museo Lombroso di Torino. In breve, ha condotto "inchieste" storiche, attualissime, sui criminalizzati insorgenti meridionali post-1860.
Ma è stato proprio grazie ad un intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, affidato l'estate scorsa a "La Stampa", che l'attenzione del Paese è tornata sull'Unità d'Italia e sui personaggi che segnarono quell'epoca. Come spiega Raphael Zanotti, «l'interesse de "La Stampa" per quel periodo storico e per il fenomeno del Brigantaggio, non è mai scemato. Innumerevoli i motivi. Si va dal passato Sabaudo di questa regione, al lager di Fenestrelle, passando per Cesare Lombroso. Eppoi, non c'erano soltanto Briganti del Centro-Sud, pochi sanno infatti che c'è stato anche un Brigantaggio piemontese».
E Vittorio Macioce aggiunge: «Chi erano i briganti? Solo reazionari che combattevano i piemontesi in nome dei borboni? La riscoperta delle “insorgenze” meridionali – che il Giornale, il quotidiano per cui lavoro, ha portato negli anni ’90 all’attenzione dell’opinione pubblica – si limita solo a un revisionismo nostalgico o a una questione meridionale in chiave leghista? No, non è solo questo. Forse c’è qualcosa di più. I briganti italiani ricordano da vicino le battaglie dei “mascalzoni andalusi” che combatterono non per la reazione, ma per la libertà. Una libertà anarchica, anti Stato, individualista, popolare, con forti caratteristiche di rivolta sociale. E’ questo un terreno ancora da definire. E’ qui che si trova una lettura innovativa sul Mezzogiorno e sui suoi mali».

A conclusione della conferenza l'attore Valentino Ligorio reciterà dei brani tratti dalle “Memorie - la mia vita da brigante” di Carmine Crocco.

22 febbraio 2010

Sanremo: i meridionali fischiano i Savoia

L'amico Alessandro Romano, nella sua “Rete Regno Due Sicilie”, ha pubblicato un interessante e chiarificatore resoconto di quanto avvenuto a Sanremo contro l'improvvisato cantante Emanuele Filiberto, intitolato “Commando Neoborbonico a Sanremo”.
Io non sono né borbonico né neoborbonico, ma condivido le finalità che i neoborbonici riportano sul loro sito internet: “Il
Movimento Neoborbonico è un movimento culturale che nasce per ricostruire la storia del Sud e con essa l'orgoglio di essere meridionali.
Per troppo tempo sui libri delle scuole elementari come delle università è stata raccontata una storia falsa e mistificata cancellando i nomi di chi, da Francesco II di Borbone all'ultimo dei briganti, ha creduto negli ideali di un'altra storia, stando dalla difficile parte dei vinti e non da quella assai conveniente dei vincito
ri.
Il Movimento Neoborbonico non è un movimento politico-elettorale perchè è indispensabile prima una ricostruzione della coscienza storica dei Meridionali;
non è federalista perchè tutte le forme di federalismo proposte sono funzionali solo agli interessi del Nord; non è separatista perchè il Sud ha contribuito in massima parte alla formazione di questa nazione e i conti unitari sono ancora aperti; non è monarchico perchè i Borbone sono soprattutto dei simboli della storia e della cultura del Mezzogiorno”.
Ed ecco il resoconto di Alessandro Romano, corredato dalla testimonianza di un “guastatore” attore diretto della contestazione.


Commando Neoborbonico a Sanremo
Quando il compatriota Antonio Randazzo giorni fa ci aveva manifestato la sua intenzione di andare a Sanremo per rovinare la festa al giovane rampollo di Casa Savoia, abbiamo avuto qualche perplessità soprattutto per quanto riguardava la riuscita dell’impresa canora del savoiardo.

Con grande meraviglia di tutti, compresa la nostra, il trio invece è arrivato in finale dove, però, c’era puntuale e testardo ad attenderlo un nutrito gruppo di agguerriti neoborbonici che, dopo aver pagato un caro biglietto di accesso, si era strategicamente disseminato su tutta la parte alta del teatro Ariston, la famosa “galleria”.

Nonostante gli accurati tagli di “mamma Rai”, gli effetti li abbiamo visti e sentiti tutti: fischi, urla e slogan innescati dai "nostri" in un formidabile effetto domino, hanno incorniciato la finale della maggiore manifestazione canora italiana e, nonostante la presentatrice ed il cantante Pupo esprimessero stupore ed incomprensione per quella inaspettata reazione, i nostri amici neoborbonici sono riusciti a dimostrare veramente a tutti che di quella generazione non ne vogliamo sentire parlare più nemmeno nelle barzellette.

Cap. Alessandro Romano

Caro capitano,

missione compiuta!!!

Ieri sera eravamo in 20 più una decina di indipendentisti della Liguria. Ci siamo sistemati in galleria tra la gente e distanti uno dall’altro con l’intesa di non perderci mai di vista.

Ai primi fischi ed alle prime urla che abbiamo fatto è arrivato il servizio d’ordine con la polizia ma mentre facevano la ramanzina e chiedevano i documenti ad alcuni dei nostri, gli altri che come d’accordo si sono mantenuti lontani, si sono scatenati insieme ai liguri. Insomma un tiro incrociato che si è propagato a tutta la sala compreso l’orchestra che ha strappato gli spartiti e li ha tirati sul palco. Una vera rivolta di fischi e di urla. Ci hanno preso la bandiera e 6 dei nostri sono stati accompagnati fuori ma la festa gliel’abbiamo rovinata. Savoia boja e venduti sono stati il nostro grido.

Sono senza voce senza bandiera senza soldi ma soddisfatto, molto soddisfatto.

Antonio Randazzo (Genova)


Quello che è successo all’Ariston di Sanremo

http://www.youtube.com/watch?v=z_-qUA0vnMY


4 febbraio 2010

Boffo e Feltri a pranzo insieme

Se l'informativa sfornata da Feltri sul Giornale contro Dino Boffo è una pura bufala, perché Boffo non ritorna a dirigire l'Avvenire, giornale della Cei? Domanda forse retorica ed ingenua.
Dico subito che mai ho creduto al contenuto di quella informativa, per me dal primo momento era chiarissimo che quella era una pura montatura.
E aggiungo che, per la nessunissima stima che ho per Feltri e per il suo padrone Berlusconi, sono convinto che quella sia stata una carognata di questi ultimi due contro Boffo che si era permesso di criticare gli immorali comportamenti (e non solo sessuali) di Berlusconi.
Ma intanto Feltri, durante lo strano pranzo consumato nei giorni scorsi a Milano con Boffo, ha sostenuto che quella notizia gli fosse stata consegnata da una persona affidabile della Chiesa ed ha rivolto a Boffo queste domande: «Perché Bertone ce l'ha tanto con te? Perché Vian ce l'ha tanto con te?». Era ovvio che volesse far capire a Boffo ed al mondo intero che a passargli quella notizia sia stato Gian Maria Vian, direttore dell'Osservatore Romano, spinto dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato del Vaticano. Una resa dei conti insomma di Bertone, filoberlusconiano, contro il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, antiberlusconiano.
Un complotto intraecclesiale degno di papa Borgia e di sua figlia Lucrezia, ha scritto Vito Mancuso su Republica.
Io modestamente continuo ad essere convinto che l'accenno di Feltri agli intrichi vaticani serva solo a sviare l'attenzione. Lui ed il Berlusca hanno capito di averla fatta grossa e la sparano più grossa ancora, per tentare di uscirne fuori.
Giustamente Luigi Amicone, direttore del settimanale Tempi di Comunione e liberazione, ha scritto che è illogico che pezzi grossi della Chiesa «si mettano a brigare in ruoli di bassa cucina quando incarnano poteri d'altro tipo e potrebbero tranquillamente tagliare la testa a Boffo senza passaggi bizantini».
Ma intanto Papa Ratzinger, nell'udienza generale di mercoledì 3 febbraio 2010, si è posta la domanda: «Non è forse una tentazione quella della carriera, del potere, una tentazione da cui non sono immuni neppure coloro che hanno un ruolo di animazione e di governo nella Chiesa?»; e si risponde: «nella Chiesa molti di coloro ai quali è stata conferita una responsabilità lavorano per se stessi e non per la comunità».
Ma tolto il Papa, che pare alludere indirettamente, nessuno nella Chiesa ha aperto bocca per rispondere alle bordate di Feltri.
Ed allora mi nasce il dubbio su quanto viene servito nelle basse cucine vaticane. Non escludendo porzioni di bassa macelleria.
Ma forse bisogna dare ragione a Vito Mancuso quando afferma: «La vera Chiesa è molto più grande del Vaticano e dei suoi dirigenti».
Ma questa vera Chiesa esiste? E' mai esistita?
Insomma, un gran casino.