23 novembre 2010

Gigi Di Fiore ai Sabati Briganteschi

Sabato 27 novembre 2010 - Ore 18,00
Sala Consiliare Comune di Villa Castelli - Piazza Municipio

Nell'ambito dei “Sabati Briganteschi” (ultimo sabato di ogni mese), organizzati dall'Associazione “Settimana dei Briganti - l'altra storia”,

GIGI DI FIORE, giornalista e saggista, terrà una relazione sul temaControstoria dell'Unità d'Italia e brigantaggio meridionale” e PIETRO GOLIA, editore e giornalista, presenterà il libro di Gigi Di Fiore: “Gli ultimi giorni di Gaeta”.

Giuseppe Garibaldi scrisse: “Quando i posteri esamineranno gli atti del governo e del Parlamento italiano durante il risorgimento, vi troveranno cose da cloaca”. Poco da commentare.

Camillo Benso di Cavour ha detto: “Nel Regno di Napoli noi troviamo altra civiltà, altre tendenze e in parte anco altri interessi. Trattasi dunque di fare una vera rivoluzione nel Paese per procacciarne l'annessione”. Anche Cavour riteneva che quella del Sud è stata una pura annessione da parte del governo piemontese.

GIGI DI FIORE, giornalista e saggista. Ha lavorato a il Giornale diretto da Indro Montanelli come redattore del settore Interni. Attualmente è inviato speciale a Il Mattino di Napoli. Ha ottenuto il Premio Saint Vincent per il giornalismo nel 2001. Studioso di storia del controrisorgimento e del brigantaggio post unitario.
Ha pubblicato tra l'altro: 1861, Pontelandolfo e Casalduni un massacro dimenticato, Grimaldi (1998); I vinti del Risorgimento, Utet (2004); Controstoria dell'unità d'Italia - Fatti e misfatti del Risorgimento, Rizzoli (2007); Gli ultimi giorni di Gaeta - L'assedio che condannò l'Italia all'unità, Rizzoli (2010).

PIETRO GOLIA, editore e giornalista. Titolare della Casa editrice Controcorrente di Napoli.

Il gruppo teatrale “Briganti in scena” leggerà brani dai libri di Gigi Di Fiore “Controstoria dell'Unità d'Italia” e “Gli ultimi giorni di Gaeta”.
Regia di Pino Rossini

18 novembre 2010

Lettera meridionale da una siciliana del Belgio


Concetta Moscato mi ha inviato su facebook un messaggio che mi piace pubblicare in questo mio diario-blog. Fa piacere constatare che l'impegno ed il lavoro per far conoscere la vera storia di noi meridionali qualche buon frutto riesce a darlo.

Prima di tutto le chiedo scusa se il mio italiano è imperfetto, spero che capirà il mio messaggio, ma essendo emigrata in Belgio da tanti anni non ho avuto modo di impararlo bene, comunque lo leggo e lo capisco benissimo.
Sono siciliana e fiera di esserlo, da sempre; la mia famiglia è stata sempre fiera di ciò che siamo, ma non ho saputo mai bene il perché di tanto "nazionalismo", della storia d'Italia ne conoscevo solo quel poco che mi hanno insegnato ai corsi d'italiano del consolato di Liegi.
Quest'estate sono stata in ferie in Toscana con il mio compagno e devo dirle che per la prima volta in vita mia ho sentito il razzismo verso le mie origini meridionali, qui in Belgio gli italiani siamo perfettamente integrati e amati.
In una libreria un libro ha attirato la mia attenzione, era il libro di Pino Aprile; tornata in Belgio ho fatto certe ricerche su internet ed ho scoperto il vostro blog, è stata una rivelazione, finalmente LA NOSTRA VERA STORIA.
Sto leggendo il libro di Ciano che ho trovato su ebay, sono sconvolta da tutto quello che ci è stato fatto a noi "terroni".
Tutto questo per dirle che la ringrazio di vero cuore per aver dato un senso alla mia sicilianità, ora posso raccontare ai miei figli quelli che erano davvero i siciliani prima di diventare quelle belve senza educazione e morti di fame al dire di certuni.
E' tempo di fare sapere a tutta la gente del sud la nostra vera storia, perché c'è ancora gente che crede a tutte quelle menzogne che ci sono state raccontate per nascondere quello che ci è stato fatto; troppo spesso in Sicilia non si insegna più il siciliano ai bimbi perché giudicato volgare, ci hanno rubato la nostra terra, la nostra storia e presto ci ruberanno anche le nostre radici se restiamo immobili.
Grazie di cuore Signor Biondi.
Concetta Moscato

13 novembre 2010

Viva l'Italia, di Aldo Cazzullo - Cazzate


Le cazzate del libello di Cazzullo 
Quello di Cazzullo è un libello che contraddice appieno la finalità per la quale sarebbe stato scritto: unire gli italiani. E' allo stesso tempo inutile e dannoso. Quelli del Comitato per i 150 anni dell'unità d'Italia dovrebbero (se ne avessero il potere) farlo ritirare dalla circolazione. Ma mi auguro che la censura sia naturale: siano i lettori a non farlo circolare.
E' un'accozzaglia di luoghi comuni. Vengono ignorati o irrisi tutti gli studi più recenti sul cosiddetto “risorgimento”. Ma quel che è peggio, vengono insultati studiosi seri che finalmente cominciano a mettere in luce i misfatti che portarono e conseguirono alla cosiddetta “unità d'Italia”, dal 1860 ai giorni nostri.
Di Pino Aprile e del suo “Terroni” (peraltro senza nemmeno citarli) il Cazzullo scrive: «Il best seller che comincia con il terrificante attacco: “Io non sapevo che i piemontesi fecero al Sud quel che i nazisti fecero a Marzabotto. Ma tante volte, per anni...” (un attacco in cui non c'è una sola parola giusta, dall'empio riferimento a Marzabotto alla definizione di “piemontesi” per l'esercito italiano)».
Di Gigi Di Fiore e del suo “Gli ultimi giorni di Gaeta” (anche questa volta senza citarli) il Cazzullo scrive: «Il saggio su Gaeta intitolato L'assedio che condannò l'Italia all'unità, come se l'unità fosse una sciagura».
Persino di Giordano Bruno Guerri il Cazzullo ha scritto: «E' vero, uno scrittore intelligente come Giordano Bruno Guerri ha detto che i libri sul Risorgimento annoiano. Ma può essere che si sbagli, e sia vero il contrario».
Cazzullo dovrebbe riflettere sul perché - come lui stesso scrive - sono infinite le «denigrazioni di cui i padri della patria [n.d.r. Garibaldi, Vittorio Emanuele 2°, Cavour, Mazzini] sono stati oggetto»; e sul perché - come lui stesso dice - questa lista di denigratori sia sterminata. E sul perché - come ancora lui lamenta - sono ritenuti «molto più italiani Ninco Nanco, Crocco, Fra' Diavolo e gli altri briganti, anzi patrioti meridionali».
Il Cazzullo farebbe bene a non irridere e banalizzare «i neoborbonici, nostalgici di festa farina e forca, e i sanfedisti, che rimpiangono l'Inquisizione e le insorgenze antimoderne con i forconi». Cazzullo prima di scrivere cazzate farebbe bene ad informarsi.
E per finire, è almeno una caduta di stile l'accusa di “sciovinismo, meschino e rancoroso”, che Cazzullo rivolge a chi «se la prende con Napoleone razziatore di opere d'arte» italiane. Per lui è “esaltante” incontrare quelle opere nei Musei stranieri. Ma Cazzullo forse è un italiano rinnegato.
Talvolta “nomen omen est”.

8 novembre 2010

La melmificazione


Da molto tempo ormai, in questo mio diario, non (s)parlo più di Berlusconi. Mi sono reso conto che era perdita di tempo. Lui continua imperterrito, assecondato, nella progressiva melmificazione delle coscienze. Il termine melmificazione è un neologismo, composto da: melma, fica, azione.
Ma l'occasione, offerta da “L'espresso” n. 45/2010, è molto ghiotta e non ho voluto lasciarmela sfuggire. E' l'elenco di 72 (settantadue) Papi-Girls entrate, nell'ultimo triennio, nell'harem di Silvio Berlusconi.
Eccole, a futura memoria, in ordine sparso: Nicole Minetti (consigliere regionale Lombardia), Federica Gagliardi (accompagnatrice del premier al G8 del Canada), Mariarosaria Rossi (deputata), Michela Vittoria Brambilla (ministro del Turismo), Mara Carfagna (ministro per le pari Opportunità), Maria Stella Gelmini (ministro dell'Istruzione), Elvira Savino (deputata), Laura Comi (europarlamentare), Gabriella Giammanco (deputata), Licia Ronzulli (europarlamentare), Sabina Began (attrice), Francesca Romana Impiglia (giornalista), Anna Palumbo (mamma di Noemi), Vivian Andreoli (pittrice), Ruby Rubacuori (nome d'arte nel bunga bunga), Noemi Letizia (diciottesimo compleanno), Roberta (amica di Noemi), Patrizia D'Addario (escort), Francesca Lodo (attrice), Barbara Guerra (ex fidanzata di Balotelli), Graziana Capone (collaboratrice d'immagine), Terry De Nicolò (escort), Ioana Visan (escort), Mary De Brito (amica di Tarantini), Stella Schan (amica di Tarantini), Donatella Marazza (ospite di Silvio), Letizia Filippi (presunta fiamma di Ronaldo), Chiara Guicciardi (stilista), Niang Kardiatou (senza professione), Stella Maria Novarino (stilista), Luciana Francioli (modella brasiliana), Sonia Carpedone (ospite), Roberta Nigro (“sorella” della Carpedone), Chiara Sbarbossa (cancellata dalle liste), Elisa Alloro (ha detto: “Berlusconi è come la Nasa”), Clarissa Campironi (viaggiatrice a pagamento), Vanessa Di Meglio (escort), Lucia Rossini (cena a scrocco), Francesca Garasi (destinataria del messaggio “stai attenta”), Barbara Montereale (fotografa nei bagni), Francesca Pascale (fondatrice di “Silvio ci manchi”), Emanuela Romano (assessore a Castellamare), Virna Bello (assessore a Torre del Greco), Eleonora ed Emma De Vivo (gemelline dell'“isola dei Famosi”), Giovanna del Giudice (assessore alla provincia di Napoli), Nunzia de Girolamo (deputata), Elena Russo (attrice di Mediaset), Antonella Troise (una “pazza pericolosa”), Evelina Manna (attrice di Mediaset), Camilla Ferranti (tronista), Eleonora Gaggioli (attrice), Carolina Marconi (“Grande Fratello”), Siria de Fazio (“lesbica” del GF9), Angela Sozio (“la rossa” del GF), Imma di Ninni (numero uno del reality trash), Camille Coerdiro Charao (valletta ex di Gianluca Galliani), Linda Santaguida (valletta), Francesca Lana (soubrette), Maria Esther Garcia Polanco (ospite ad Arcore), Michaela Pribisova (non retribuita), Geraldine Semeghini (discoteca “Billionaire” di Briatore), Manuela Arcuri (ospite con orgoglio), Aida Yespica (con lei Berlusconi andrebbe ovunque), Barbara Matera (letteronza ed europarlamentare), Barbara Pedrotti (sulle ginocchia di Silvio), Virginia Sanjust (legata ai servizi segreti), Sonia Grey (conduttrice), Susanna Petrone (guida al campionato), Manuela e Marianna Ferrera (ospiti gemelle), Barbara Faggioli (scuderia di Lele Mora).
Saranno veramente tutte passate nel lettone di Berlusconi? Io ho fatto una gran fatica a trascriverle tutte.

6 novembre 2010

Quell'“amara” Unità d'Italia, di Dora Liguori


Le storie che si leggono nel libro di Dora Liguori sono le stesse che abbiamo letto sui libri di storia a scuola, ma il punto di osservazione è totalmente diverso. Talvolta vengono usati ironia e sarcasmo.
Vengono presentati gli avvenimenti, storici e sociali, accaduti in Italia nei primi settantanni del diciannovesimo secolo, con particolare riguardo al decennio (1860-1870). Sono gli anni del cosiddetto (a posteriori) “Risorgimento”, quando si fece l'amara unità d'Italia. Unità che si è rivelata per il meridione come la più immane delle tragedie.
Sui fatti accaduti in quel periodo continua ancora a permanere il segreto di Stato. Una massa di documenti, circa centocinquantamila, dopo centocinquanta anni da quella Unità, sono ancora segretati. La verità continua ad essere occultata.
Per glorificare quella che fu spacciata come una liberazione, i vincitori Savoia assoldarono scrittori dell'epoca che fecero diventare inoppugnabile verità storica quello che era frutto di una spregiudicata fantasia. Nella realtà si trattò di una nuda e cruda conquista territoriale del Regno delle Due Sicilie.
Alla falsificazione storica un contributo determinante lo ha dato negli anni successivi il filosofo meridionale Benedetto Croce. La sua lettura addomesticata della storia è passata poi in tutti i libri scolastici. Chiunque volesse intraprendere la carriera universitaria era costretto ad adeguarsi. Il Sud ancora oggi sta pagando per quella falsa interpretazione della storia. E' solo una bella favola quello che è stato raccontato circa il processo idealistico che portò all'Unità d'Italia. La conquista del Sud invece fu soprattutto un intrigo, legato ad interessi internazionali, che deciso all'estero si giocò in Italia con il sangue dei meridionali.
Per giustificare l'annessione del Regno delle Due Sicilie al Piemonte sabaudo fu costruito un castello di menzogne, favoleggiando di un Sud pezzente e sottosviluppato in attesa del salvifico intervento del re piemontese. L'invenzione di eventi, uno più falso dell'altro, continua a rappresentare un'offesa alla verità. Ma, cosa che è ancora più grave, si è scientificamente voluto annullare nei meridionali anche la memoria delle vere drammatiche vicende che portarono alla distruzione del Sud. I cantori del cosiddetto “risorgimento” hanno consegnato alla storia una serie di ridicole e false “agiografie” dei cosiddetti “padri della patria”, quali Mazzini, Garibaldi, Cavour, Vittorio Emanuele 2°. Dora Liguori col suo libro si prefigge di ricostruire, senza pregiudizi, una stagione storica che fu tragica per tutti gli italiani.
Gli Italiani del Sud subirono, nel primo decennio del periodo post unitario, la stessa sorte che subivono in quegli stessi anni gli Indiani d'America ad opera dei bianchi e che avrebbero subito qualche anno dopo gli Ebrei ad opera dei nazisti: genocidio e deportazione. Meridionali e briganti, uomini, donne e bambini, furono massacrati senza alcuna pietà. Fenestrelle fu un lager, costruito dai Savoia nel torinese, dove furono deportati e trovarono la morte migliaia di meridionali.
Ma mentre i governi americani e tedeschi hanno riconosciuto, ed in qualche modo risarcito, i loro errori ed orrori nei confronti degli indiani e degli ebrei, i governi italiani hanno nascosto e addirittura negato le loro mostruosità perpetrate contro i meridionali. Con la conseguenza che la quasi totalità dei giovani meridionali di oggi ignorano quei tragici fatti.
All'inizio del libro viene chiarito il concetto di nord e sud, affermando poi che per millenni il sud del mondo conosciuto è stato sinonimo di civiltà e culla dei “saperi”. E Napoli, la capitale del Sud, ha vissuto prima dell'amara unità una splendida stagione culturale in tutti i campi del sapere: letteratura, filosofia, musica, scienze, archeologia, astronomia, medicina, architettura, pittura. Napoli era uno dei centri più progrediti del mondo. Tutto fu distrutto con la brutale aggressione ad opera dei Savoia. Il Sud quindi non aveva interesse e non ha chiesto ai Savoia di essere liberato. Il Sud fu aggredito ed invaso.
Ruolo determinante ebbe, nell'aggressione e distruzione del Sud, la massoneria italiana, europea, mondiale. Massoni erano Mazzini, Garibaldi, Cavour, Vittorio Emanuele 2°, Liborio Romano, il primo ministro inglese Lord Palmerston, i banchieri francesi Rothscild. La conquista del Sud diveniva un affare per tutti. All'Inghilterra veniva assicurato lo sfruttamento del prezioso zolfo siciliano e i commerci con l'Oriente dopo l'apertura del canale di Suez; alla Francia dei Rothscild, con l'incameramento dei soldi del Banco di Sicilia e di Napoli, si assicurava il saldo dei debiti fatti dal Regno piemontese per finanziare le sventurate guerre d'indipendenza; al Piemonte veniva assicurata l'Italia intera.
Con il denaro raccolto dalle logge massoniche inglesi e americane vennero corrotti ed acquistati ammiragli e comandanti della marina, generali e ufficiali dell'esercito borbonico, che fecero voltare da un'altra parte i soldati borbonici al passaggio (crociera, passeggiata) dei “mille” di Garibaldi. Il re borbone Francesco 2° purtroppo, per motivi umanitari, fuggì anche lui davanti ai garibaldini e all'esercito piemontese, abbandonando Napoli per asserragliarsi a Gaeta.
Dora Liguori sostiene che, anche a distanza di centocinquanta anni, la decisione presa da Francesco 2° di abbandonare Napoli lascia ancora perplessi; e si chiede se quella decisione fu davvero sua, o fu l'ennesimo mal consiglio di ministri che non vedevano l'ora di toglierselo di torno. Se il re a Napoli avesse tentato di resistere, il popolo, come nel 1799, si sarebbe schierato al suo fianco ed avrebbe contrastato Garibaldi e i Savoia. Ci sarebbero stati, dice ancora la Liguori, al massimo un migliaio di morti; ma, di contro, egli avrebbe salvato un regno e risparmiato il milione successivo di vittime. Ma purtroppo la storia non si scrive con i se.
I soldati semplici, quando si resero conto del tradimento dei loro comandanti, insorsero ferocemente, dimostrando il loro attaccamento alla corona dei Borbone, e combatterono valorosamente nelle disperate ed eroiche difese delle fortezze di Messina, Civitella del Tronto e Gaeta.
Cadute queste fortezze e ritiratosi il re Francesco 2° a Roma, i Savoia resero i meridionali servi in casa loro. Non fu mantenuta la promessa di dare le terre ai contadini. Anzi furono soppressi anche gli usi civici, che sotto i Borbone consentivano ai contadini di sfruttare le terre demaniali, quasi loro unica fonte di sopravvivenza. Altra iniziativa impopolare operata dai Savoia fu quella di rendere la leva militare obbligatoria; leva che con i Borbone era sempre stata volontaria.
Contadini, ex garibaldini e soldati borbonici, tutti abbandonati a se stessi, si trovarono insieme a combattere contro i Savoia divenuti i comuni avversari. I meridionali sperimentarono sulla loro pelle che si stava meglio prima e decisero di voler far ritornare i Borbone, che come loro erano stati brutalmente gettati fuori dalla loro terra. La rabbia era grande e si addivenne alla conclusione che piuttosto di vivere in quelle condizioni, era meglio scatenare l'inferno. Inferno – scrive la Liguori – nel quale non intendevano, però, andarci da soli, bensì in compagnia di quanti più piemontesi era possibile trascinare.
E i meridionali divennero tutti briganti. E il termine brigante assunse, per volontà popolare, un significato altamente positivo. Violenti erano i piemontesi, violenti divennero i briganti. La significativa differenza, tutt'altro che secondaria, che intercorreva, fra l'esercito piemontese e i briganti era che quest'ultimi stavano a casa loro e si battevano per difendere qualcosa che, per diritto di nascita, era di loro proprietà. Memmo 'O Chiavone, nella Valle del Liri, Giovanni Piccioni, nelle Marche, Carmine Crocco e Ninco Nanco, in Lucania, il Sergente Romano, in Puglia, furono alcuni capi, che insieme a tanti briganti e brigantesse, inflissero tante e gravi sconfitte all'esercito piemontese.
Alla fine vinsero i piemontesi per la loro stragrande e preponderante forza numerica di militari impiegati, per la loro ferocia ed inumanità fino al genocidio, per i lauti finanziamenti ottenuti dalla massoneria inglese ed americana, per il vergognoso uso del pentitismo e del tradimento, per le devastanti carestie ed epidemie che si abbatterono sul meridione.
Le ferite mortali inflitte dall'esercito piemontese al meridione, incancrenendosi, non si sono più rimarginate; e sono state la causa di un solco, spesso di odio, che divide ed allontana sempre più la gente del Sud da quella del Nord.
Rocco Biondi

Dora Liguori, Quell'“amara” Unità d'Italia, Fatti e misfatti di un'azione politica e militare poco conosciuta, anzi mistificata, che rese possibile ai Savoia la conquista del meridione d'Italia, Sibylla Editrice, Roma 2010, pp. 302, € 15,00