2 luglio 2012

Quello che non dissi a Bocca. Per una sola Regione meridionale nella Repubblica Italiana, di Pasquale Calvario


Nei giorni scorsi all'età di novantuno anni moriva l'avvocato Pasquale Calvario, liberal-radicale, consigliere regionale in Puglia nelle prime tre legislature. Meridionalista che auspicava la nascita di una sola e grande Regione meridionale, che dovrebbe accorpare le attuali sei Regioni del Mezzogiorno continentale: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria.
Confesso che, pur dopo un'attenta lettura, non ho capito il significato del titolo "Quel che non dissi a Bocca" e chi sia l'intervistatore cui risponde Calvario. Faccio anche notare che la scrittura di Calvario è alquanto complessa con conseguente difficoltà nella lettura, cosa questa che purtroppo rende poco appetibile il contenuto del libro.
Condivido la proposta per la costituzione di una macroregione del Sud, cui aggiungerei anche la Sicilia, gran parte dell'odierno Lazio meridionale e il Cicolano (l'area orientale dell'attuale provincia di Rieti), per ricostituire il territorio del vecchio Regno delle Due Sicilie.
Con la piemontesizzazione, avvenuta nel 1860, si impiantò uno stato che il Sud non sentiva come "suo"; la politica di potenza del vincitore, imposta allora, protrae i suoi effetti negativi fino a noi; è stata sepolta nell'oblio la storia di un'immensa e illustre realtà regionale, corrispondente ad un grande regno.
La successiva Costituente repubblicana calò dall'alto l'attuale frammentazione regionale, che non aveva nessuna radice storica e sociale sul territorio. I politici del Sud l'accettarono passivamente, nella solo speranza di assicurarsi un potere più o meno grande. A questo fine le masse popolari furono usate strumentalmente e senza scrupolo. La disinvolta frammentazione operata nel territorio, scrive Calvario, ha avuto un'incidenza solo punitiva sugli abitanti di esso. Alla segmentata popolazione era preclusa ogni possibilità di impegno operativo a favore dei nuovi enti.
Le risorse dello stato e della comunità europea, vale a dire di tutti noi, vennero automaticamente dissipate. Le popolazioni non si accorsero nemmeno dell'esistenza delle regioni, non ne ebbero alcun utile, furono costrette a fuggire dalla loro avara terra emigrando.
A risentirne primariamente della conquista piemontese fu la scuola del Sud, che non si preoccupò di far scoprire alle nuove generazioni le proprie radici per trarne la linfa che avrebbe alimentato il loro porsi nella storia. Nell'unica grande Regione meridionale, dice Calvario, la scuola dell'obbligo dovrà impegnarsi a riproporre la storia, non già nella falsificazione e nei silenzi che una agiografica versione unitaria ha imposto, oscurando e seppellendo la storia di Napoli.
L'aver calato dall'alto sul Mezzogiorno uno spropositato numero di Regioni fa sospettare che si sia voluto applicare il precetto del «divide et impera». E' infatti tanto innaturale quello che allora si compì, afferma Calvario, che non si può desistere dal domandarsi se, per caso, non si temette di risuscitare la ricostituzione del Regno di Napoli.
Fatto sta che, conclude Calvario, per riparare il mal fatto si pone come problema preliminare ad ogni altro l'esigenza del riaccorpamento di tutte le Regioni del Sud.
E tantissimi sarebbero i vantaggi. Oggi nel Sud continentale si contano ben sei regioni, che moltiplicano per sei volte i quadri e gli organici per competenze uniformi e che generano quindi grande e improduttivo dispendio. L'accorpamento eliminerebbe la megalomania che si esprime nell'alimentare ben sei baronie con conseguenti sei burocrazie senza reali ed indispensabili compiti operativi.
La grande e unica Regione meridionale dal Calvario è disegnata nell'ambito dell'unità della Repubblica italiana, non viene coltivato sinora il proposito di una scissione. «Tuttavia nessuno si inganni - scrive Calvario - nel tenere, per debolezza, l'aspirazione del Sud ad una vera unità, cioè a rinfrancarsi delle delusioni patite. Nessuno dimentichi che la storia ci mette di fronte all'alternativa che si esprime nel provvedersi di "estremi rimedi", a fronte di "mali estremi"». Non si escludono quindi la scissione e l'indipendenza.
Il libro, scritto venti anni fa, illustra anche le modalità operative attraverso le quali giungere all'attuazione della macroregione. Principi basilari ne sono la sovranità popolare e l'etica democratica.
Chiudo questa mia rapida sintesi sottoscrivendo un'affermazione che Calvario pone nella prima pagina del suo libro: «I partiti storici, nessuno escluso, non meritano che si riconfermi loro il voto».
Della necessità e dell'urgenza di una macroregione meridionale siamo ormai in tanti a parlarne. Forse sono maturi i tempi per passare all'azione. Le tante associazioni e i movimenti che operano nei territori dell'ex Regno delle Due Sicilie potrebbero impegnarsi in tal senso. Per tutte ne cito una: la "Confederazione duosiciliana", della quale è coordinatore Michele Ladisa, che mi ha procurato il libro qui recensito.
Rocco Biondi 

Pasquale Calvario, Quello che non dissi a Bocca. Per una sola Regione meridionale nella Repubblica Italiana, Ladisa Editore, Bari 1993, pp. 132

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