22 settembre 2013

Brigantaggio, di Marc Monnier

"Io non faccio qui la storia del brigantaggio. Noi marciamo dietro al generale Cialdini". Questa frase del Monnier manifesta chiaramente da quale parte sta. E' dalla parte dei piemontesi e degli unitaristi, contro il brigantaggio e i meridionali.
Il libro, pubblicato a Parigi nel 1862 in francese, nello stesso anno venne tradotto in italiano. Ebbe grande notorietà e fortuna, stampando molte edizioni.
Io ho fra le mani l'edizione napoletana di Berisio Editore del 1965, quella dell'editore romano Borzi del 1969 (ristampa anastatica della seconda edizione di Barbera editore del 1862), l'edizione del 2001 di Capone editore di Cavallino (Lecce), l'edizione Osanna di Venosa del 2004, ed infine l'edizione di Capone & del Grifo del 2005.
L'edizione più vicina a quella originale francese (che ho potuto consultare in books.google.it) è quella di Osanna. E' l'unica che traduce e riporta l'avvertenza iniziale, la nota n. 1 del cap. I, il post scriptum al libro. Nell'avvertenza Monnier sostiene di aver lavorato con pazienza e in modo coscienzioso, sforzandosi di essere imparziale ed esauriente. Io però ritengo che imparziale non sia riuscito ad esserlo.
L'operazione nuova e più interessante del libro di Monnier è certamente la pubblicazione che viene fatta in esso, per la prima volta, del Diario del catalano José Borges, legittimista borbonico fucilato dai piemontesi a Tagliacozzo l'8 dicembre 1861. Monnier aveva chiuso la sua storia del brigantaggio nel novembre del 1861, ma venuto in possesso nel marzo 1862 di una copia del Diario di Borges, la inserisce nel suo libro, pubblicato verso la metà del 1862.
Il governo italiano aveva interesse a pubblicare il Diario, in quanto rinveniva in esso motivazioni a sostegno della propaganda unitaria e contro il fenomeno del brigantaggio che stava coinvolgendo tutto il territorio dell'ex Regno delle Due Sicilie. Qualcuno ritiene che Monnier fosse al soldo del governo piemontese.
Monnier sostiene che nel Mezzogiorno il brigantaggio sia sempre esistito e nei primi due capitoli scrive del brigantaggio preunitario, parlando dei briganti Antonelli, Taccone, Bizzarro, Parafante e del generale murattiano Manhès che li combatté.
Poi si parla piuttosto sommariamente del brigantaggio postunitario: dei primi moti negli Abruzzi dell'ottobre 1860, del legittimista tedesco Lagrange, del capo brigante Giorgi e del generale piemontese De Sonnaz, del partigiano legittimista De Christen, di Cipriano della Gala.
Successivamente Monnier parla del brigantaggio politico, della reazione antisavoia del clero, del capobrigante della Basilicata Carmine Crocco, del brigante Giuseppe Nicola Summa, della famiglia aristocratica degli Aquilecchia che appoggiavano il sogno di restaurazione di Francesco II, della presenza delle donne nei moti briganteschi, del capobrigante Chiavone, dei comitati borbonici. Vengono poi elogiate le Guardie nazionali, schierate dalla parte piemontese. Si parla infine della repressione operata dai piemontesi contro Pontelandolfo e Casalduni, due paesi interamente bruciati.
Monnier, prima dell'inserimento del Diario di Borges, chiude il suo libro con la seguente affermazione: «Così i briganti, cacciati dapprima nelle pianure, poi respinti sulle alture del Gargano, del Matese, di Nola, di Somma, del Taburno, della Sila, si son resi in frotte, specie i soldati sbandati, i disertori, i refrattari, dei quali 30 mila almeno son già partiti alla volta dell'Italia settentrionale». Monnier era dal suo punto di vista ottimista e riteneva che il brigantaggio volgeva alla fine. Ma così non fu.
Dovettero passare ancora parecchi anni prima che il brigantaggio finisse. Il giornalista Max Vajro, introducendo l'edizione del libro di Monnier edito da Berisio nel 1965, scrive: «Fucilati via via i briganti, il brigantaggio non morì, permanendo i motivi sociali e politici che lo avevano fomentato».
Monnier, nato in Italia a Firenze da padre francese e madre svizzera, naturalizzato svizzero, scriveva in francese; di formazione cosmopolita, soggiornò a lungo in Italia, gli fu concessa la cittadinanza onoraria a Napoli, morì a Ginevra nel 1885.

Marc Monnier, Brigantaggio: storia e storie, Edizioni Osanna, Venosa 2004, pp. 162