27 ottobre 2014

Ferite aperte, di Angelo Panarese



Libro utile e interessante per conoscere e capire le motivazioni, specialmente economiche, che portarono al crollo e alla fine del Regno delle Due Sicilie. E' il tentativo, dice Panarese nella introduzione, di scrivere una controstoria, lontana dalla storiografia paludata e retorica, molto presente nel panorama culturale, nei libri scolastici e testi universitari, del nostro Paese. Una qualche contraddizione però la si riscontra tra la definizione di “fenomeno negativo” del brigantaggio presente nella introduzione e le affermazioni poste all’inizio del capitolo undicesimo, dedicato appunto al brigantaggio, quando si afferma: «La reazione contadina contro le privatizzazioni degenera in brigantaggio. E proprio da qui che bisogna partire se si vuole comprendere la natura del brigantaggio e non considerarlo semplicemente un fenomeno criminale».
    Il libro si compone di undici capitoli che trattano dei problemi dell’economia napoletana alla vigilia dell’unificazione, della classe dirigente meridionale nella crisi dello Stato borbonico, dell’unione dei Moderati a Napoli e nel Mezzogiorno, della (cosiddetta) liberazione del Mezzogiorno da parte dei piemontesi, della funzione del Piemonte nel (cosiddetto) Risorgimento italiano, del mercato italiano capitalistico, della colonizzazione del Mezzogiorno da parte del capitale tosco-padano, del Banco delle Due Sicilie, del brigantaggio postunitario inteso come guerra civile e sociale.
    Qui mi limiterò a presentare l’ultimo capitolo che verte sul brigantaggio postunitario.
    L’abolizione della feudalità, promulgata nel 1806, non apportò nessun vantaggio e nessun utile ai contadini, che poveri erano e ancora più poveri divennero. Quella legislazione del Decennio francese contribuì invece a rafforzare nobili e borghesi, che ricchi già erano. Lo stato di miseria esasperò e fece nascere nei contadini un profondo odio che sfociò nel 1806 in vasti fenomeni di insorgenza e poi nel 1860 nella lotta armata contro il nuovo Stato unitario. Ai contadini nel giro di pochi anni fu negato l’esercizio degli usi civici sulle terre che nobili e borghesi usurparono trasformando il possesso in proprietà. L’uso civico consentiva caccia, pascolo, legnatico, semina su terreni di proprietà comunale o anche di terzi. La perdita degli usi civici, non sostituiti dalla quotizzazione delle terre, influì negativamente sulle condizioni economiche dei contadini e ha fatto sparire la piccola proprietà contadina nelle campagne dell’antico Regno di Napoli. I contadini furono costretti a ricorrere ai “galantuomini” per prestiti che non si riusciva ad estinguere. Oltre la terra, ai contadini veniva sottratta dai creditori anche la casa. A loro non rimaneva più nulla, se non la rivolta sociale che esplose violenta «in quegli anni, che vanno inquadrati in questo mosaico complessivo che è, al tempo stesso, economico, sociale, politico».
    In una situazione così delicata, scrive Panarese, il popolo basso, quello costituito dai contadini e dai cafoni, dai pastori e dai guardiani delle pecore, dagli artigiani e dalla povera gente, non ha altra soluzione che accettare come propria bandiera, quella dei Borbone.
    A capo dei briganti insorgenti furono posti valenti condottieri: Carmine Crocco, Eustachio Fasano, Luigi Alonzi detto Chiavone, il sergente Pasquale Romano, Cosimo Giordano, i fratelli La Gala, il legittimista spagnolo Josè Borges, e molti altri.
    Nel 1862 fu costituita una commissione d’inchiesta sul brigantaggio, che visitò diverse località del Sud ed ascoltò molti che in qualche modo erano impegnati contro il brigantaggio, ma non ascoltò i contadini e i briganti.
    Risultato pratico della commissione fu la promulgazione nel 1863 della legge Pica, che assegnava ai tribunali militari un ruolo decisivo ed annullava nei fatti qualsiasi forma di Stato di diritto.
    «Non è in discussione – scrive Panarese – il processo unitario, l’esito finale delle lotte risorgimentali, ma il come è avvenuto quel processo, che non ha costruito una nuova nazione, ma ha cristallizzato ed esasperato le “Due Italie”». Le ferite allora aperte non si sono ancora rimarginate.
Rocco Biondi

Angelo Panarese, Ferite aperte, Il crollo del Regno delle Due Sicilie, Capone Editore, Cavallino (Lecce) 2014, pp. 176, € 13,00