3 gennaio 2016

La vicenda di Mons. Giandomenico Falconi, di Luciano Rotolo



Ogni regime, per legittimarsi dinanzi al mondo, ricorre alla creazione di leggende nere riguardanti il proprio avversario, con la conseguente “damnatio memoriae”. E’ quello che è avvenuto, da parte piemontese, con il Regno delle Due Sicilie che, «negli ultimi decenni della sua esistenza libera ed indipendente, fu oggetto di una preordinata, deliberata e concomitante azione di denigrazione, calunnia, disprezzo», con la creazione di fantasiosi e raccapriccianti fatti, tesi a screditarne completamente i suoi governanti e il suo popolo. Fu creata una vera e propria “macchina del fango”.
     E per questo non è facile incontrare persone che abbiano una conoscenza piena e reale di uno Stato che ha governato il Sud per oltre settecento anni, a partire dal 1130. E’ importante quindi risalire il grande fiume della storia del Regno di Napoli (poi divenuto Regno delle Due Sicilie nel 1816 quando il Regno di Sicilia fu unito al Regno di Napoli).
     In questo contesto viene inserita la vicenda di Monsignor Giandomenico Falconi, Vescovo di Acquaviva ed Altamura, che fu costretto come tantissimi altri Vescovi a lasciare la diocesi quando vi fu l’invasione piemontese. Nel 1861 il Governo invasore piemontese colpì con violente misure repressive i cinquantaquattro Vescovi delle diocesi dell’ex Regno delle Due Sicilie. Solo undici si salvarono da questa ignobile operazione, perché salirono sul carro dei piemontesi. Gli altri quarantatre, che erano rimasti fedeli all’ex Regno, o furono arrestati o costretti a fuggire.
     Mons. Falconi era nato a Capracotta, provincia di Isernia in Molise, nel 1810, da una delle famiglie più in vista del paese. Nominato da Pio IX nel 1848 vescovo di Acquaviva delle Fonti e Altamura. Era laureato in utroque iure (diritto civile e canonico) e in Sacra Teologia. Morì a 52 anni nel 1862. Oggi una strada nei pressi della Cattedrale di Altamura porta il suo nome «come ricordo e testimonianza di un vescovo che amò la sua diocesi pugliese, al punto da morirne di nostalgia».
     Fedele e attaccatissimo alla Dinastia Borbonica, pronuncia nella Chiesa di Acquaviva un elogio funebre in occasione della morte del Re Ferdinando II avvenuta il 22 maggio 1859, che fece pubblicare un mese dopo. Questo documento viene riproposto in alcuni passaggi significativi commentandoli (nella parte documentale del libro poi viene riportato integralmente, insieme alla velenosa risposta anonima di alcuni sedicenti fedeli delle due città sorelle: Acquaviva ed Altamura).
     Fra gli undici vescovi collaborazionisti un posto di rilievo spetta a Mons. Michele Caputo, che si schierò apertamente e con servilismo con i piemontesi, ottenendo dalla Santa Sede la scomunica. Anch’egli morì nel 1862.
     Nell’elogio funebre di Ferdinando II, fatto da Mons. Falconi, si mette in risalto la “nuova” politica economica dei Borbone nei più svariati campi della tessitura della fonderia della ceramica ecc. che ebbero grandi riconoscimenti nelle nazioni straniere, l’amore per le belle arti chiamando nel Regno le persone più qualificate del mondo scientifico accademico artistico, le calorose ed entusiastiche accoglienze riservate alle visite del Re, la venerazione della Vergine Maria quale Patrona principale del Regno (Ferdinando II fece erigere a Roma in piazza di Spagna la colonna dell’Immacolata), ma anche vien posto in rilievo il clima di assedio culturale che il Regno delle Due Sicilie venne a vivere nel resto d’Europa ed il suo progressivo isolamento.
     Nell’acida risposta degli anonimi estensori, Mons. Falconi viene chiamato “serpe” e gli si augura di rintanarsi nel suo paese abbandonando per sempre l’idea di ritornare nella sua diocesi di Acquaviva ed Altamura.
     Mons. Giandomenico Falconi, scrive don Luciano Rotolo, può essere definito una vittima di tempi di transizione burrascosi e difficili. Una vittima che oggi chiede di poter essere riscoperta e riabilitata.
Rocco Biondi

Luciano Rotolo, La vicenda di Mons. Giandomenico Falconi prelato di Acquaviva e di Altamura. Un Vescovo e un patriota nella bufera dell’invasione piemontese, Edizioni Viverein, Monopoli 2015, pp. 120, € 10,00

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