14 febbraio 2016

Benedetto Croce ed il brigantaggio



Il libro della Deputazione abruzzese di Storia Patria raccoglie, sul tema del rapporto tra Benedetto Croce ed il brigantaggio, i saggi di Raffaele Colapietra, che è stato docente presso l'Università di Salerno, nato a L'Aquila nel 1931, di Salvatore Cingari, docente presso l’Università per Stranieri di Perugia, nato a Firenze nel 1966, di Luigi Alonzi, docente presso l’Università di Palermo, di Francesco Barra, docente presso l'Università di Salerno, nato ad Avellino nel 1947, di Lorenzo Arnone Sipari, storico, nato a Roma nel 1973.
     La posizione di Benedetto Croce rispetto al brigantaggio, come del resto la storia del suo pensiero politico, è estremamente frastagliata, sinusoidale e stratificata.
     Nell’Ottocento vi furono tre movimenti che si contesero la scena politica: quello dei democratici, quello dei legittimisti monarchici, quello dei liberali. I democratici ritenevano che solo attraverso la partecipazione del popolo si potesse realizzare una rivoluzione dal basso in grado di rovesciare le monarchie. I legittimisti monarchici sventolavano invece il vessillo del popolo fedele al Trono ed all'Altare. I liberali propendevano per un progetto di riforme graduali adottate da ceti dirigenti illuminati, negando alle masse qualsiasi seria azione politica. Sulle posizioni dei liberali si attestava sostanzialmente Benedetto Croce.
     L’interesse di Croce per il brigantaggio è testimoniato dalla pubblicazione di vari saggi, che vengono ripresi e aggiornati nel corso degli anni, mutando talvolta la sua opinione sui briganti.
     Nel 1912 (ma già ricerche erano state effettuate nel 1897) viene pubblicato il libro Angiolillo, sul capobrigante Angelo Duca, nato nel 1734. In esso si metteva in risalto il “lato sociale” del brigante, ma altrove dallo stesso Croce era stato scritto che «esagerano coloro che nell’opera di Angiolillo vogliono vedere quasi l’esplicamento di un programma, una ribellione o una protesta contro l’ingiustizia sociale».
     Dopo Angiolillo, nel 1915 Croce dedica una delle “postille” sulla “Critica, rivista di letteratura, storia e filosofia”, da lui diretta, all’autobiografia di un altro brigante “buono”, questa volta post-unitario, e cioè Michele Di Gè, nato nel 1843. Scriveva Croce: «Consiglio come un buon viatico la lettura della prosa del contadino e brigante Michele Di Gè. Forse nella lettura di queste pagine, non solo si ravviverà lo smarrito senso dell’espressione artistica, ma anche il senso della moralità».
     Nella Storia del regno di Napoli, del 1925, Croce rende omaggio alla forza delle armate della Santa Fede del cardinale Ruffo, che per lui ebbe un carattere di “classe” prefiggendosi l’acquisizione dell’altrui proprietà.
     Nel saggio su Pescasseroli, del 1910, Croce aveva riportato estesamente le tesi radicali dello zio Francesco Saverio Sipari, secondo cui il brigantaggio ha origine nel desiderio dei contadini di elevarsi al di sopra delle proprie disperanti condizioni sociali.
     Nel periodo che Croce fu influenzato dagli studi sul marxismo vien dato più credito al nesso fra brigantaggio e questione sociale.
     Nel 1936 però Croce firmava su “La Critica” una breve nota intitolata Nuova ondata d’affetto pei briganti. In essa si legge: «L’idealizzazione, che dei briganti e di altri delinquenti si fece per malintesa passione di libertà dal romanticismo, aveva questo a sua scusa: che era fatta per la prima volta, sotto l’impulso dell’animo esacerbato e della sconvolta immaginazione, in modo irriflessivo e ingenuo. Ma queste che se ne fanno ora sono calcolate invenzioni, che i documenti storici smentiscono, o sono viete combinazioni teatrali». Chissà cosa avrebbe scritto Croce oggi che moltissimi ritengono che i briganti siano stati insorgenti che hanno lottato per la loro terra, la loro patria, la loro famiglia.
     Per Croce poi la «via della salute per l’Italia meridionale era nell’unione con quella del settentrione, più progredita e civile»; giustificando così l’invasione piemontese del 1860 del Regno delle Due Sicilie, ripetendo le vere calcolate invenzioni, che i documenti storici smentiscono.
     Benedetto Croce era nato a Pescasseroli (L’Aquila in Abruzzo), nel 1866; morì a Napoli nel 1952.
Rocco Biondi
           
Deputazione abruzzese di Storia Patria, Benedetto Croce ed il brigantaggio meridionale: un difficile rapporto, Edizioni Colacchi, L’Aquila 2005, pp. 104

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